Stregatto VS Riflessioni

Qui DrillMaster,

io e lo Stregatto ci scusiamo per la prolungata assenza ma purtroppo I nostri viaggi nei mondi fantastici dei videogiochi ci hanno tenuti occupati piú del dovuto ma… Abbiamo raccolto un sacco di informazioni e non vediamo l’ora di condividerle con voi.

In altre parole, siamo tornati.

VIDEOGAMES

Prima di parlare di videogames con recensioni e commenti, lo Stregatto mi ha fatto riflettere su un concetto molto importante, scaturito dal perenne “Tam tam” riguardo l’impatto che hanno i videogames sulla nostra vita e nell’educazione dei bambini.

La domanda che lo Stregatto mi ha posto, è la seguente:

“Perché la maggior parte degli adulti ha un’opinione negativa dei videogiochi?”

Ho fatto questa domanda a molte persone, ovviamente di età differente e sono emerse grosso modo due tipologie di pensiero: il pensiero dei giovani e il pensiero di chi non solo è adulto, ma anche genitore.

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I primi, molto spesso considerano i loro genitori troppo “Vecchi” per poterci capire qualcosa, quindi non ci provano nemmeno a mettersi attorno al fantomatico tavolo a parlarne. I genitori invece, tendono generalmente a fare il discorso contrario:

“Ai miei tempi non c’erano tutte queste cose, se non si doveva studiare, si usciva e si andava da qualche parte con gli amici, non c’erano questi giochini elettronici che rendono le persone alienate, gli fanno perdere tempo e magari li fanno anche diventare violenti”.

videogiochi

Qualcuno di voi stará giá ridendo, perché si sa come vanno certe cose: i genitori vetusti non capiscono, sono vecchi e quindi dicono sciocchezze.

Beh, personalmente trovo che non ci sia nulla da ridere. Se i genitori (o gli adulti, in generale) tendono a pensarla in questo modo, la colpa è la nostra. È la nostra perché fondamentalmente noi giovani facciamo poco per colmare le distanze, anzi, tendiamo ad amplificarle per poter rafforzare il conflitto generazionale, almeno si ha la scusa buona per dire ai genitori che intanto non capiscono e quindi farebbero meglio a tacere.

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Molto spesso un adulto si comporta così perché ha paura per il proprio figlio, non conoscendo cosa succede su quello schermo pieno di oggetti luminosi su cui magari si spara o si corre con la macchina a trecento all’ora. Questa paura si è ingigantita enormemente da quando i videogames hanno iniziato ad avere una modalità multiplayer sempre più evidente, che ha portato le Software House a richiedere un collegamento delle console a internet praticamente obbligatorio, sia per il gioco in se per se, sia per il download di patch correttive, aggiornamenti di sistema o DLC.

Dopo aver presentato il problema, non rimane che trovare una soluzione: Cosa possiamo fare per evitare che nel 2015 ci siano ancora persone convinte che i videogames siano dannosi per il percorso educativo di una persona?

Lo so, ci sono i PEGI che indicano l’etá consigliata per l’acquisto di un determinato videogioco, ma questi sono discorsi puramente teorici: davvero pensiamo che un simbolo su una scatola sia un dissuasore funzionale ed efficace, atto a sconsigliare l’acquisto agli aventi età inferiore a quella indicata?

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Siamo seri, quando è uscito il primo Metal Gear Solid, nessun ragazzino delle medie ci ha giocato perché c’erano scene violente? Dai ragazzi, i “Furbetti” li abbiamo fatti tutti, quindi?

Cerchiamo di avvicinarci un po’ a chi ha molti più anni di noi, facendogli magari vedere che non esistono solo i Call of Duty o i Gran Theft Auto… Facciamogli vedere un “Super Mario 3D Land”, dove personaggi storici rimodellati rivivono in un’avventura 3D coloratissima e molto divertente da giocare… Perché non fargli provare un “The Last of Us”, per far loro capire che anche all’interno di un videogame può esserci una trama bellissima e profonda, con personaggi splendidi ai quali ci si affeziona subito o perché no… Un qualsiasi titolo di Pokémon, dove i png che incontriamo durante il nostro viaggio, ci ricordano di essere rispettosi verso la natura, l’ecosistema e le altre persone.

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Sarebbe facile liquidare tutto con una risata e con qualche epiteto poco carino, ma perché non fate vedere ai vostri genitori che i videogames sono utili anche per allenare la mente? Compratevi un qualsiasi capitolo della saga del Professor Layton, guardate la storia, gli enigmi proposti e la capacità che ha quel gioco di portarvi all’interno della storia, attraverso l’interattività del touch screen del Nintendo 3DS.

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Lo sapevate che i videogames sono una realtà sempre più importante anche a livello scolastico? Chiedetelo ai ragazzi della Serious Game Society, cosa ne pensano di certi luoghi comuni.

Gli anglosassoni dicono “Open your mind”… Aprirsi a realtà differenti da quelle che conosciamo, è necessario per migliorarsi ed essere consapevoli che il mondo dei videogames è un caleidoscopio di generi e sotto-generi che spesso non vediamo nei normali negozi di videogiochi, solo perché magari non sono abbastanza “Mainstream” da essere sponsorizzati a macchia d’olio.

Ne volete un esempio? Date un’occhiata al sito della S-G Software. È un progetto completamente italiano (un po’ di orgoglio nazionale non guasta mai ragazzi), che fa delle avventure “Punta e clicca” il suo cavallo di battaglia. Dov’è la novità? Vi dico soltanto che tutti i giochi sono ambientati nella splendida location dell’isola di Capri. Il repertorio fotografico e audio è letteralmente straordinario e i personaggi che incontrerete nelle storie, sono personaggi reali che interpretano loro stessi. Ne saprete di piú nelle recensioni che arriveranno, ma per ora non vi dirò altro.

In conclusione ragazzi… Invece di alzare un muro che separi noi dai nostri genitori, costruiamo un ponte. Giocare da soli è bello, ma giocare insieme alle persone che amiamo, è ancora meglio.

Se volete fare due chiacchiere, non esitate a scrivermi al solito indirizzo

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cheshiretech


5 risposte a "Stregatto VS Riflessioni"

  1. Oltre alla questione “violenza”, c’è un altro gravoso problema legato ai videogame, di cui non si parla molto e che finisce per spaventare/incazzare i genitori, perché semplicemente non sanno come reagire. Si tratta delle ore che i ragazzi perdono davanti ad uno schermo a giocare. Presi dal gioco, passano ore attaccati al pc o ad una console, perdendo molto spesso il senso del tempo e della realtà. In quanti mangiano davanti ad uno schermo? Quanti finiscono per andare a dormire tardi o peggio, passano la notte in bianco? Quanti non escono di casa, perché magari devono fare qualche quest con il gruppo gioco, o passare di livello, o farsi l’armatura figa, fare un nuovo record e così via? Quanti finiscono per preferire la realtà virtuale a quella reale? Quanti si incazzano per un videogioco, prendendo il tutto sul personale? E quanti, si fanno prendere da isterismo, se per qualche motivo non possono connettersi e giocare o accendere una console? Per non parlare di chi ormai è così tanto legato al gioco, da credersi il pg che muove.
    Sia chiaro che non sono contro ai videogiochi, ne sono una bacchettona o altro… io stessa amo giocare.
    Ma non ammettere che si possa arrivare a dei livelli poco salutari per la persona, non credo sia giusto. Si sta parlando di una forma di “droga”… diventa una dipendenza a tutti gli effetti.
    Se io genitore, vedo mio figlio diventare un essere che vive solo in funzione di un gioco, mi spavento ed inizio ad andare contro a qualsiasi forma di intrattenimento virtuale (violenta o meno).
    E questo stato di “abbandono della realtà”, non è solo legato ai più giovani… ma a tutte le fasce di età.
    Penso che non sarebbe male, iniziare a parlare di questo. Spiegare che si può giocare qualche ora e poi magari fare altro, per non perdere anni di vita attaccati ad uno schermo.

    1. Ciao PiumaBianca,

      innanzi tutto ti ringrazio per averci scritto, lo Stregatto ha riletto due o tre volte il tuo commento e da come si lecca i baffi devo dire che gli é piaciuto molto.

      Ovviamente, quello che hai detto, per quanto possa far paura e ritenuto da molti un vero e proprio “Caso limite”, é un rischio che si corre e pertanto dobbiamo tenerne conto e prevernirlo il piú possibile.

      Penso che problemi di “Compenetrazione” tra quello che succede sullo schermo e quello che accade nella vita reale, siano frutto di una sostanziale “Solitudine” del videogiocatore, vuoi per mancanza di interesse da parte dei genitori, vuoi per quella mancanza di comunicazione che ho cercato di evidenziare nell’articolo in questione.

      Penso che le persone di cui hai parlato tu siano persone che utilizzano il gioco come “Evasione” dalla realtá, una realta che per qualche motivo crea loro disagio o semplicemente non gli piace. Questo comportamento é normale ed é insito nell’animo umano: ne abbiamo tracce nella poesia (la famosa Siepe de “L’Infinito” di Leopardi), nella musica (Led Zeppelin, The Doors, Pink Floyd) e piú in generale in tutte quelle forme d’arte che stimolino la mente ad andare ad un altro livello, alla ricerca di qualcosa che nel quotidiano non si riesce ad ottenere.

      Se un genitore ravvisa i sintomi di un’alienazione che tu per altro hai giustamente sottolineato, penso che debba iniziare a farsi due domande non tanto sulla questione “Videogiochi” in se per se, ma sull’effettivo stato psicologico del proprio figlio. Cosa porta il ragazzo/a a stare attaccato/a ad un gioco per ore e ore? Cos’é che gli crea disagio?

      Dall’altra parte, il discorso vale anche per il ragazzo: bisogna intensificare il dialogo, se non con i genitori, con i propri coetanei o con delle figure di riferimento che sono fondamentali a certe etá.

      La soluzione ad un problema non la si trova prendendo in mano un joypad, allo stesso modo non la si trova sul fondo di una bottiglia o all’interno di uno spinello.

      I videogames sono uno strumento splendido per divertirsi da soli o in compagnia, ma come tutte le cose vanno prese nel modo giusto: sono giochi, iniziano quando si preme il tasto “Start” e finiscono quando si spegne il dispositivo. Nel mezzo, ci possono essere pomeriggi di gioco che ti lascia dentro qualcosa che non se ne andrá mai piú (nel mio caso Metal Gear Solid e Final Fantasy VII), serate con gli amici a giocare davanti ad una pizza o un pacchetto di patatine o magari qualche ora in multiplayer a chiacchierare con amici conosciuti in gioco, magari in cuffia o in chat laterale.

      Occorre porsi dei limiti, ma soprattutto occorre tornare a dialogare sia tra genitori e figli, sia tra ragazzi e persone della stessa etá. I genitori non sono “Bancomat” dai quali andare quando si vuole un videogioco, ma allo stesso tempo i videogiochi non sono “Baby sitter” da 50 o 70 euro ai quali affidare i propri figli quando magari si ha troppo da lavorare.

      Divertiamoci insieme, con gli strumenti giusti e nel modo giusto.. E quando abbiamo un problema, seppelliamolo sotto ore di gioco, perché prima o poi dovremo premere il fantomatico tasto “Spegni” e quel problema sará di nuovo li ad aspettarci.

      Grazie ancora PiumaBianca, continua a seguirci!

  2. Io sono quello che si dice a metà strada: sono genitore e gamer. Penso che l’articolo tocchi un tema fondamentale: il dialogo tra genitori, che non sono solo controllori, ma anche “educatori” e dei termini di paragone non obsoleti, e figli che non sono proprietà o estensioni di noi stessi, ma con personalità differenti e desideri che possono non coincidere con i nostri. Non voglio giudicare i giochi, perchè a me piacciono, e de gustibus non disputandum est. Non credo che sia solo questo in esame. Io gioco molto, ma di certo non mi alieno o credo di essere il pg da me creato e ci tengo molto a far sì che i miei figli sperimentino questo nuovo approccio ai momenti ludici. I lego vanno bene, giocare a nascondino anche, ma non demoniziamo il pc o le console se le persone si alienano, piuttosto andrebbe visto quale il loro problema sociale. In verità i giochi fanno aggregazione tra me e loro, parliamo dei livelli, delle reward ottenute, e se c’è una cosa che mi fa comodo è usare il linguaggio gamer per insegnare loro che non devono demoralizzarsi, che a volte di perde altre si vince.
    La cosa più bella e onesta dell’articolo è che non si punta il dito contro i giochi, ma contro la nostra incapacità di capire che dobbiamo incontrarci a metà strada: io cerco di capire loro, loro cercano di comprendere me e magari se sono in torto farmi capire dove sbaglio.
    Essere prevenuti non serve a nessuno…

    1. Ciao MelaStregata,

      grazie per averci scritto. Penso che il rapporto con i tuoi figli sia l’esempio calzante inerente al discorso che ho fatto sia nell’articolo, sia in risposta a PiumaBianca.

      Incontrarsi a metá strada é il primo grande insegnamento… Essere prevenuti serve solo ad aumentare le distanze, e con le distanze aumentano inevitabilmente i disagi.

      Grazie e alla prossima!

  3. Il problema è che si tende sempre a dare la colpa a destra e a manca quando la responsabilità è prevalentemente nei genitori.
    Faccio un esempio riprendendo quello che ha scritto PiumaBianca: “In quanti mangiano davanti ad uno schermo?” Più che altro ci sarebbe da chiedere il motivo per cui viene permesso ciò. Come vengono permesse tante (a volte troppe) altre cose.

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